Il Continente Nero: dal conflitto in Sudan alla jihad in Africa
Relatori di spicco per un tavolo che vede discutere la situazione in Africa senza i “soliti toni” pietistici

Relatori di spicco per un tavolo che vede discutere la situazione in Africa senza i “soliti toni” pietistici
 

Nell’elegante cornice del Centro per gli Studi San Carlo, si è tenuto il terzo incontro di geopolitica offerto dalla Fondazione Quarto Potere. “Il Continente Africano” era il tema dell’incontro: in sala i posti a sedere erano praticamente tutti occupati. Nulla da stupirsi: il tavolo dei relatori vedeva sedere figure di spicco e carisma, a cominciare dalla professoressa Anna Bono, già docente universitaria e africanista, è una delle voci più autorevoli in Italia nel campo degli studi africani. Seduto a fianco, Renato Bomben è il fondatore di Il Diamante, un tour operator specializzato in viaggi culturali e naturalistici in Africa, noto per la sua lunga esperienza nel settore e per la profonda conoscenza del continente africano. Nel 1982, partendo da Ivrea, Bomben ha creato la prima programmazione dedicata al Sudafrica, espandendosi successivamente in altre aree dell'Africa come Namibia, Kenya e Tanzania. E ancora, Maurizio Marrone: assessore regionale alla casa e al Welfare, presente in qualità di delegato alla cooperazione internazionale, il giornalista Rodolfo Casadei, più volte inviato in Africa e l’avvocato Stefano Commodo, portavoce di Rinascimento Europeo. A moderare il ricco dibattito, il vicepresidente della Fondazione Quarto Potere, Beppe Fossati.

Dal Piano Mattei al debito del Continente Nero, passando per i problemi politici che vedono oggi l’Africa lottare per una democrazia inesistente: l’influenza della presenza araba e jihadista, la condizione della donna.
Due ore di contenuti che hanno descritto, in modo preciso e accessibile, l’attuale situazione geopolitica di quelli che sono paesi con drammatici deficit economici e culturali e che mettono la questione sotto una lente d’ingrandimento, senza utilizzare i canonici termini sensazionalistici. Perchè di Africa spesso i media parlano attraverso fotografia ad alto impatto emozionale, testi e articoli pietistici: il convegno della Fondazione Quarto Potere ha voluto, invece, offrire occasione di confronto su come sia possibile lavorare e cooperare per portare un aiuto concreto e non solo mutualistico o assistenziale.

«L’Africa suxariana, cioè quella rurale, quella delle campagne, ancora oggi basa la sua società sulla solidarietà tra le persone, che vivono in clan o tribù» ha spiegato Casadei «v’è un sentimento di odio da parte della popolazione povera, ovvero la maggior parte di coloro che vivono nelle condizioni rurali, rispetto ai ricchi».
Casadei ha anche raccontato, grazia al suo bagaglio culturale, come funziona la gerachia di queste tribù «Gli anziani sono da onorare: perchè i vecchi sono più vicini agli antenati. Infatti in molti paesi africani gli antenati, cioè i morti di una famiglia, sono presenze che condividono gran parte della vita dei vivi». Il giornalista ha fatto un esempio pratico «nelle cerimonie, i posti migliori li riservano agli antenati».

E ancora «le famiglie sono numerose, nonostante le condizioni economiche. La donna desidera più di ogni altra cosa sposarsi - e qui faccio un inciso, il matrimonio è tra due tribù e non solo tra le persone singole - ed è un grande disonore per una di loro non avere prole». Tanto da farle ripudiare, nel caso non riescano a esaudire questo desiderio di maternità. I relatori, inoltre, hanno parlato a proposito del conflitto attuale in Sudan «E’ il più grave attualmente in corso. La peggior tragedia del secolo».
La guerra in Sudan, indubbiamente meno attenzionata dai media occidentali rispetto al conflitto russo-ucraino e a quello in corso in Medio Oriente, è iniziata ad aprile 2023, e vede contrapposti due gruppi militari, i cui capi erano anche membri del principale organo esecutivo del Paese, il Consiglio sovrano. Le due principali parti in causa sono le forze armate sudanesi, capeggiate dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Burhan, e dall'altra le Rapid Support Forces, un gruppo paramilitare controllato da Mohamed Hamdan Dagalo. A gennaio una stima delle vittime parla di oltre 60mila morti, 11 milioni di persone costrette a lasciare casa: tanti gli episodi di carestia. La gravità del conflitto spinse Edem Wosornu, direttrice delle operazioni dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, a dichiarare che quello del Sudan «è uno dei peggiori disastri umanitari a memoria d'uomo».

«Perchè quello che accade in Africa ci coinvolge tutti quanti» (testo di Anna Bono)


«Tutto quello che accade in Africa ci coinvolge, dalla migrazione alla sicurezza passando per le catene di approvvigionamento. Per noi è fondamentale uno sviluppo adeguato del continente africano». Con queste parole il presidente del Consiglio Giorgia Meloni spiegava l’interesse del nostro paese per il continente africano alla vigilia del Vertice Italia Africa che si è svolto a Roma il 29 e 30 gennaio del 2024, organizzato per illustrare ai leader africani il Piano Mattei, il progetto strategico di cooperazione allo sviluppo che l’Italia ha proposto all’Africa e all’Unione Europea. Finora sono 14, su 54, gli stati africani con i quali sono stati concordati dei progetti. A distanza di oltre un anno alcune iniziative sono state avviate e altre sono state programmate. Rimane da inserirle in una più ampia cornice strategica, un obiettivo che si sta rivelando non facile anche se la scelta è caduta su paesi relativamente stabili, se non altro dal punto di vista politico.

Con altri paesi  ad esempio il Sudan, il Sudan del Sud, la Repubblica Centrafricana è impensabile per il momento, considerando le condizioni in cui versano, proporre e realizzare interventi se non di assistenza umanitaria. Altri ancora tra cui il Mali, il Burkina Faso, il Niger  hanno nel frattempo assunto un atteggiamento ostile nei confronti dell’Occidente e quindi anche del nostro paese. Gli ostacoli maggiori allo sviluppo del continente africano, e di questo è essenziale essere consapevoli, continuano peraltro a essere costituiti non da influenze, interferenze e apporti esterni, bensì da fattori interni, strutturali, presenti in misura diversa a seconda dei contesti, ai quali soltanto gli africani stessi possono porre rimedio: il deficit di democrazia, la violenza endemica incontrastata, il radicamento del jihad, la corruzione sistemica, l’entità insostenibile del debito estero, i conflitti etnici dal livello comunitario a quello dello stato, e la persistenza di istituzioni tradizionali che violano i diritti umani e limitano le libertà personali.

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